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Brunetta detta la legge

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In Questi giorni su alcuni quotidiani, tra i quali Il SECOLO XIX, è apparso ancora l’appello di alcune associazioni AVIS, in particolare quelle regionali, sull’interpretazione delle norme istituite dal Ministro BRUNETTA per arginare l’assenteismo dei dipendenti pubblici a causa di permessi e/o pseudo malattie.
Le associazioni si sono mosse in quanto pare che anche ai Donatori di Sangue dipendenti delle Amministrazioni pubbliche si possa togliere la giornata di permesso retribuito, stabilita con la legge 107 del 1990

Se a qualcuno fosse sfuggito, cito l’articolo pubblicato sul Il Secolo XIX del 11 giugno 2009.


Trattenuta in busta paga a chi dà il sangue, l’Avis registra un calo.

Genova. Con l’applicazione della legge Brunetta, essere dipendente pubblico e donatore di sangue è diventato un problema. Il mondo dei donatori (in totale in Italia un milione e seicentomila persone) è in fibrillazione per le possibili conseguenze della legge. Ora negli uffici pubblici può capitare che chi prende un giorno di permesso per donare il sangue, si trovi dopo qualche mese con una trattenuta sugli incentivi legati alla presenza in servizio e abbia quindi un danno economico, sia pure limitato, per aver compiuto un gesto di solidarietà. Il fatto è che la legge stabilisce, senza troppe distinzioni tra i motivi che possono spingere un lavoratore a chiedere un permesso, che agli assenti dal servizio venga applicata una decurtazione economica.
«So che qualche vigile del fuoco, nostro donatore abituale, ha avuto questo problema – racconta Gino Tripodi, direttore dell’Unità di immunoematologia e del centro trasfusionale dell’ospedale Gaslini – abbiamo notizia anche di dipendenti di piccole aziende private, in teoria nient’affatto toccate dalle nuove norme che riguardano il pubblico impiego, che hanno avuto problemi e decurtazioni per aver usufruito del permesso per donare il sangue. Fortunatamente per ora registriamo un calo contenuto delle donazioni, un centinaio in meno da inizio anno. Ne abbiamo circa 4.000 annue e di donatori molto fidelizzati, che in genere vengono da noi per chiamata diretta, per le caratteristiche particolari del nostro ospedale, un ospedale pediatrico che ha sempre bisogno di prodotti molto freschi».
Rita Careddu, neo presidente ligure dell’Avis parla di un calo delle donazioni, forse dovuto agli effetti del decreto Brunetta, di circa l’1 o 2% su 25.000 donazioni annue in Liguria. Un calo contenuto, «ma abbiamo dovuto spedire qualche fax – ammette – a qualche ufficio per ricordare che la giornata di lavoro del donatore di sangue non va detratta dallo stipendio. Ci vuole un chiarimento, lo chiediamo da tempo, altrimenti si crea un triste clima intorno a queste norme che magari sono male interpretate, comunque vanno chiarite».
Paolo Strada è il responsabile del Centro regionale di coordinamento e compensazione e direttore del centro di donazione e trasfusionale dell’ospedale San Martino. «Un insegnante è venuto da noi lamentando di aver subìto una trattenuta sullo stipendio per aver donato il sangue. È l’unico caso di cui io sono a conoscenza. Resta il fatto che un certo clima di confusione può turbare il mondo della donazione del sangue, non favorisce certo il diffondersi della cultura della donazione». Confessa che tra gli addetti ai lavori «è stata calcolata e messa in preventivo, con un’indagine non ufficiale, una possibile perdita transitoria di donazioni del 10-15% dovuta alle nuove norme in vigore nel pubblico impiego». Ma per ora, almeno in Liguria, le donazioni di sangue vanno bene: rispetto all’anno scorso sono aumentate del 3%.
Chi ha sparato a zero è stato invece l’altroieri il presidente onorario dell’Avis di Milano Sergio Casartelli che ha definito «devastanti» le norme introdotte dalla legge 112 per cui i lavoratori del pubblico impiego che donano sangue non hanno più diritto alla retribuzione aggiuntiva dovuta alla contrattazione integrativa. «Il ministro Brunetta – ha detto Casartelli – equipara la donazione del sangue all’assenteismo». E ha invitato le aziende pubbliche e le regioni a non applicare norme “punitive” nei loro contratti integrativi. Il ministro Brunetta ha risposto con un comunicato in cui invita l’Avis e le associazioni coinvolte nella raccolta del sangue sul territorio nazionale a un incontro chiarificatore, «per verificare la corretta applicazione delle norme e adottare le opportune misure per garantire un istituto così importante per la collettività».
Brunetta ricorda «di aver presentato un emendamento di modifica alla normativa del decreto legge 112, già approvato dalla Camera», «che però non è stato ancora approvato dal Senato». L’emendamento dovrebbe correggere alcuni eccessi di severità antiassenteistica, non solo quella relativa ai donatori di sangue ma anche quelle sui permessi per la legge 104. «In ogni caso – continua il ministro – sono intervenuto sulla questione con la circolare numero 7 del 2008 nella quale veniva specificato che le decurtazioni per le assenze dal servizio devono avvenire nell’ambito della contrattazione integrativa solo per i sistemi di erogazione delle incentivazioni legati alle presenze in servizio. In tutti gli altri casi i dipendenti hanno titolo a essere valutati per l’attività di servizio svolta e per i risultati effettivamente conseguiti». Un intervento un po’ criptico visto che poi il ministro ha presentato l’emendamento.

Sul quotidiano di oggi 12 giugno 2009 appare un trafiletto con la risposta del Ministro

Brunetta: «I donatori di sanguenon sono penalizzati»
In merito all’articolo apparso sul “Secolo XIX”, che attribuirebbe all’applicazione del comma 5 dell’art. 71 della legge n.133 del 2008 (la cosiddetta “norma antiassenteismo“) la responsabilità di un calo significativo delle donazioni di sangue da parte dei dipendenti pubblici, ritengo utile fornire alcuni chiarimenti. In primo luogo la norma in questione prevede una decurtazione non dello stipendio, ma degli incentivi, solo se il sistema di erogazione dell’incentivazione stabilito nella contrattazione integrativa con le organizzazioni sindacali è basato sulla presenza in servizio. Poiché a quanto ci risulta la maggior parte dei sistemi di erogazione degli incentivi sono basati sulla valutazione della produttività e non sulla presenza in servizio, il fenomeno dovrebbe essere circoscritto a pochi casi e per somme irrilevanti.
Questo è stato chiarito, contro ogni ragionevole dubbio, dalla mia circolare n. 7 del 2008, inviata a tutte le Amministrazioni. Ma non basta, consapevole della necessità di incentivare la lodevolissima pratica della donazione di sangue, ho fatto approvare dalla Camera un emendamento soppressivo del comma 5, in modo che non ci fosse più alcun dubbio sulla volontà di non penalizzare questi tipi di permesso. Purtroppo il provvedimento contenente l’emendamento, e cioè il disegno di legge di delega al Governo in materia di “lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, misure contro il lavoro sommerso e norme in tema di lavoro pubblico, di controversie di lavoro e di ammortizzatori sociali”, è fermo al Senato (Atto n. 1167). Ne auspico ad ogni modo la rapida approvazione, anche perché contiene numerose altre norme di grande utilità per i cittadini e per la pubblica amministrazione.
A questo punto però sarà interessante valutare quanto in effetti l’applicazione della norma attuale abbia creato problemi alla donazione di sangue, e quanto invece eventuali riduzioni, per altro quantificate a livello di 1 o 2 per cento del totale, non siano piuttosto da ricondurre ad una ancora troppo ridotta sensibilità dell’opinione pubblica verso questo gesto di grande civiltà.
Non credo che una eventuale trattenuta sui premi incentivanti di 3 o 4 euro al massimo per due eventi l’anno possano far crollare, come ho letto in questi giorni, le donazioni di sangue. Non vorrei che dietro questa polemica ci fosse una strumentalizzazione politica tesa a far fallire alcuni importanti e necessari interventi normativi per rendere la pubblica amministrazione più efficiente e produttiva. Ricordo a tutti che queste norme sulle assenze hanno comunque permesso una riduzione del fenomeno delle assenze per malattie del 40%. Comunque mi auguro che nel prossimo incontro con le associazioni dei donatori, e in particolar modo con l’Avis, che ha fatto sentire maggiormente la sua denuncia, sia possibile prevedere delle campagne di sensibilizzazione rivolte alle pubbliche amministrazioni in modo da evitare interpretazioni sbagliate alla normativa in vigore e favorire, invece, questa importante azione di solidarietà.
Renato Brunetta – ministro della Funzione pubblica.

Il nostro commento:

Ci auguriamo una pronta soluzione e chiarimento della norma,  ma sicuramente ci sentiamo piuttosto adirati quando noi donatori ci sentiamo equiparati agli assenteisti, almeno secondo la mera interpretazione della norma.
Siamo certi che ci sarà una pronta risoluzione del problema.
Addirittura alcuni parlamentari di cui non ricordo, tempo fa avevano lanciato una proposta di esentare dal ticket sanitario i donatori per esami diagnostici, certo sarebbe stata una buona proposta ma in questi tempi di crisi e di tagli pensiamo che sia lontana dall’essere attuata.

Stiamo in campana per futuri aggiornamenti.





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