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Il plasma iperimmune è un bene etico e pubblico

Citiamo un testo  redatto dal CNS (Centro Nazionale Sangue),diffuso da AVIS NAZIONALE riguardo importanza del plasma iperimmune.

Le sperimentazioni con il plasma iperimmune contro il Covid-19 in corso nel paese e la produzione nazionale di sangue, emocomponenti e medicinali plasmaderivati ottenuti dal plasma dei donatori italiani, sono tutte condotte nel rispetto dei principi etici, solidaristici, di gratuità e trasparenza fondanti del Sistema sangue nazionale. Lo ribadiscono il Centro Nazionale Sangue (CNS), le 21 strutture regionali di coordinamento per le attività trasfusionali (Src) e il Civis, il coordinamento nazionale delle associazioni di volontariato (AVIS, CRI, FIDAS, FRATRES).

«Attualmente – ricorda Giancarlo Maria Liumbruno, direttore generale del Cns, – sono oltre 60 i Servizi trasfusionali, su tutto il territorio nazionale, che ad oggi possono produrre plasma iperimmune da destinare alla cura sperimentale dei pazienti affetti da COVID – 19, all’interno di un sistema etico e totalmente pubblicoLe sperimentazioni nazionali e regionali in corso non prevedono infatti la collaborazione esterna con industrie farmaceutiche. La produzione di plasma iperimmune (e, in prospettiva, di immunoglobuline specifiche contro il virus SARS COV 2) potrebbe rappresentare una possibile prospettiva terapeutica che dovrà essere attentamente verificata e autorizzata dalle autorità nazionali e internazionali competenti, anche alla luce delle risultanze delle sperimentazioni in corso in Italia e nel resto del mondo».

«In alcun modo, in condizioni ordinarie o nell’ambito di sperimentazioni cliniche, il sistema trasfusionale italiano prevede la commercializzazione del plasma o di altri emocomponenti gratuitamente donati, a favore delle industrie farmaceutiche o di qualunque altro soggetto del mercato – ricorda Rosa Chianese, direttore del SRC della Regione Lombardia. Lo Stato garantisce che il plasma donato e i medicinali plasmaderivati prodotti rimangano totalmente di proprietà pubblica. La normativa vigente prevede infatti che le aziende autorizzate dalle Autorità nazionali competenti e convenzionate con le Regioni a seguito di regolare gara d’appalto, possono gestire esclusivamente il processo di trasformazione industriale del plasma nazionale (servizio in conto lavorazione), restituendo alle Regioni stesse i prodotti medicinali finiti che saranno successivamente distribuiti agli ospedali e al territorio per la terapia dei pazienti, senza nessun costo a loro carico. Tale regolamentazione rigorosa sarà applicata anche alla eventuale lavorazione del plasma iperimmune per la produzione di immunoglobuline neutralizzanti specifiche anti SARS – CoV – 2».

«In previsione di un possibile ritorno della pandemia COVID-19 – ricorda Pasquale Colamartino direttore della SRC della Regione Abruzzo –, è necessario rafforzare i meccanismi organizzativi che sostengono l’autosufficienza nazionale, che rappresenta un obiettivo sovra-aziendale, sovra-regionale non frazionabile, destinato a garantire a tutti i cittadini italiani il diritto ad una terapia sicura e appropriata. All’interno di questo sistema di collaborazione istituzionale tra Stato e Regioni il sangue, gli emocomponenti e i medicinali plasmaderivati prodotti da plasma nazionale non si comprano né si vendono. Le Regioni che hanno maggiori capacità di produzione sostengono i bisogni delle regioni carenti e i costi aggiuntivi vengono riconosciuti attraverso i meccanismi economici ordinari della mobilità sanitaria previsti dallo Stato. Grazie a questo modello organizzativo le terapie con emocomponenti e medicinali plasmaderivati prodotti da plasma donato dai donatori volontari, vengono erogate su tutto il territorio nazionale in maniera equa, imparziale, omogenea e senza alcun costo per i pazienti».

«Il CNS e la rete delle SRC – ricorda Vanda Randi direttrice della SRC della Regione Emilia Romagna, in collaborazione con il mondo del volontariato del sangue, monitorano costantemente le dinamiche dei fabbisogni assistenziali trasfusionali e adottano tempestivamente gli interventi correttivi necessari per presidiare eventi, situazioni straordinarie o possibili criticità eventualmente emergenti, anche stagionali, o di carattere epidemiologico, quali quelle connesse all’andamento attuale e alla possibile ripresa della pandemia da SARS-Cov-2, in modo da modulare la programmazione delle attività di raccolta nel modo più appropriato a soddisfare i fabbisogni di tutti i pazienti, ricorrendo anche a compensazioni degli emocomponenti tra regioni».

«In questo contesto – ricorda Attilio Mele direttore della SRC della Regione Sicilia -, molte Regioni si stanno già organizzando per potenziare i Centri di produzione e qualificazione biologica degli emocomponenti, anche per la produzione e lo stoccaggio di plasma iperimmune, e sono già numerose le unità che sono state scambiate tra le Regioni, anche grazie alle interazioni tra Centro nazionale sangue e le Strutture regionali di coordinamento».

«Le Associazioni e federazioni di donatori, anche in previsione di una possibile fase 2 della pandemia da COVID – 19, stanno giornalmente intensificando il loro impegno, per assicurare al sistema trasfusionale l’apporto di sangue ed emocomponenti sicuri, di qualità e frutto di un gesto anonimo, volontario, gratuito, etico, periodico e associato – commenta Gianpietro Briola, presidente di AVIS Nazionale e portavoce protempore del Civis -. La nostra capillarità sul territorio nazionale e la nostra presenza in tutte le regioni e province autonome fanno sì che la centralità dei donatori venga ulteriormente rafforzata e difesa. Anche questo ha reso il sistema sangue italiano tra i migliori al mondo. Un sistema regolato da leggi e norme ferree e all’avanguardia, se paragonate ad altre nazioni, visto che attribuiscono al volontariato un ruolo essenziale e insostituibile».

(Fonte: Avis Nazionale)

Precisazione del CNS (Centro Nazionale sangue) in merito alle trasfusioni

logo-avis-varazzeInvitiamo alla breve lettura della dichiarazione emessa dal Centro nazionale sangue riguardanti le trasfusioni:

 

Sangue sicuro, in Italia è una certezza

15-01-2016
In riferimento alla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 14 Gennaio 2016 sui ricorsi di pazienti italiani che hanno sviluppato infezione da HIV, virus dell’epatite B e virus dell’epatite C a seguito di trasfusione di emocomponenti infetti tra gli anni 70’ e 90’ ed in risposta alle dichiarazioni apparse oggi su alcune agenzie di stampa e quotidiani nazionali, il Centro Nazionale Sangue, organo tecnico del Ministero della Salute e Autorità Competente con funzioni di coordinamento e controllo tecnico-scientifico del sistema trasfusionale nazionale, precisa quanto segue:

In Italia il grado di sicurezza degli emocomponenti e dei farmaci derivati del plasma rispetto al rischio di trasmissione di agenti infettivi noti (HIV, virus dell’epatite B, virus dell’epatite C) ha raggiunto, da molti anni, livelli estremamente elevati.
Tale livello di sicurezza è garantito da un sistema basato sulla donazione volontaria, periodica, anonima, responsabile e non remunerata, dall’utilizzo per la qualificazione biologica di test di laboratorio altamente sensibili e da un’accurata selezione medica dei donatori di sangue, volta a escludere i soggetti che per ragioni cliniche o comportamentali sono a rischio.

In virtù dei suddetti interventi, il rischio residuo di contrarre un’infezione a seguito di una trasfusione di sangue è prossimo allo zero, come ampiamente dimostrato dal sistema di sorveglianza nazionale coordinato dal Centro Nazionale Sangue.
Ad oggi, infatti, questo rischio è stimato in: 1,6 casi per milione di donazioni per l’epatite B, 0,1 casi per milione di donazioni per l’epatite C e 0,8 casi per milione di donazioni per l’HIV. A fronte di più di 3 milioni di emocomponenti trasfusi ogni anno (8.349 emocomponenti trasfusi ogni giorno), da oltre dieci anni in Italia non sono state segnalate infezioni post-trasfusionali da HIV, virus dell’epatite B e virus dell’epatite C.
“Le Associazioni di volontariato del sangue – commenta Vincenzo Saturni, coordinatore pro tempore CIVIS (Coordinamento interassociativo volontariato italiano sangue)e presidente AVIS – sono impegnate da anni, in stretta collaborazione con le istituzioni sanitarie – tra cui il CNS – e i tecnici del mondo trasfusionale, a garantire la massima sicurezza e qualità del processo di donazione del sangue, per tutelare nel migliore dei modi il CITTADINO ricevente e il donatore stesso. I dati presentati dal CNS confermano gli importanti passi avanti compiuti dall’Italia in tema di qualità e sicurezza, allineandoci agli standard dei Paesi più evoluti in ambito sanitario/trasfusionale. Il volontariato del sangue, inoltre, è impegnato ogni giorno nella fondamentale promozione di stili di vita sani tra i donatori volontari e associati, al fine di rendere ancora più elevati i livelli di sicurezza. Grazie anche a quest’azione siamo arrivati all’84% di donatori periodici e associati, fattore che ci posiziona ai primissimi posti nel mondo e che rappresenta un ulteriore indicatore di qualità e sicurezza”.

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